Alcuni elementi utilizzati da secoli, e in certi casi da millenni, per colorare il vetro hanno la proprietà di emanare radiazioni colorate sotto luce ultravioletta: in particolare cadmio, selenio, manganese e alcuni isotopi dell’uranio. L’uranio in particolare ha avuto un momento di larghissimo utilizzo negli anni ’20 dello scorso secolo. In base alla sua concentrazione, al livello di ossidazione e l’eventuale aggiunta di altri pigmenti, i vetri all’uranio possono presentarsi dal trasparente con sottotoni verdastri, al giallo intenso o verde fluo. Quando un oggetto in vetro all’uranio è colpito da luce UV emana una intensa radiazione verde, tanto più visibile quanto più è bassa la luce ambientale.
Molti pezzi realizzati negli anni ’20 erano in realtà di poco pregio: soprattutto vetri pressati d’uso quotidiano, molti di colore giallastro simile a quello della Vaselina (pomata molto diffusa all’epoca). Per questi motivi i collezionisti hanno adottato due termini: “Depression Glass” che indica tutto il vetro pressato statunitense dei secondi anni ’20 e ‘30 (con riferimento al periodo della grande depressione) e “Vaseline Glass” che allude a quel particolare tipo di vetro all’uranio. Entrambi i termini oggi vengono spesso usati in modo improprio.
Il vetro all’uranio di questa epoca ha solitamente concentrazioni di uranio molto basse, inferiori al 2% e non è considerato pericoloso: solo i contatori Geiger più sensibili riescono a rilevare alterazioni della radioattività naturale terrestre quando passati sopra uno di questi vetri. Esistono vetri prodotti nel XIX con concentrazioni molto più elevate, ma sono estremamente rari e pregiati.
Negli U.S.A. tutto l’uranio fu confiscato dal governo per scopi militari durante la Guerra Fredda. Anche nel resto del mondo l’uranio divenne molto più difficile da reperire nonché costosissimo: utilizzarlo nell’industria vetraria era diventato del tutto antieconomico. Solo in anni molto recenti alcuni produttori hanno ricominciato a produrre oggetti in vetro all’uranio. Si tratta soprattutto di biglie e perline.
Testo Gianluca Gimini – All’Origine